Si fa presto a dire Vampiro... ospita Pierluigi Curcio
I VAMPIRI NEL “MIO” TEMPO
A cura di Pierluigi Curcio
Vampiro. Solo sussurrane il nome
mi faceva correre a nascondermi dietro le gonne di mia madre. Ero piccolo, soli
cinque anni quando mia sorella mi coinvolgeva davanti allo schermo per
lasciarci trasportare nelle incredibili avventure del conte Dracula. Lei
perché, più grande, aveva paura di guardarle da sola. Io perché sin troppo
piccolo, capivo che era ora di alzare i tacchi solo quando quei canini aguzzi
si avvicinavamo pericolosamente al collo della dama di turno. Anche se alle
malcapitate non sembrava dispiacere troppo.
Ero invece affascinato dal fatto
che il mostro avesse la capacità di volare o di non riflettere la propria
immagine negli specchi. Non ho mai fatto caso al fatto che la tradizione voglia
anche che il nosferatu sia privo dell’ombra. Credo che un vampiro vivo o morto
che sia, possieda comunque un corpo e, un corpo, volente o dolente non può fare
a meno di proiettarne una. Mica è un fantasma, no? Anche vero però che i
vampiri della televisione si disintegravano come se non fossero mai esistiti
davanti ai raggi del sole e io osservavo: osservavo di nascosto da sotto il
tavolo il viso scarnificarsi, imputridirsi fino a essiccare per poi mettere in
risalto un teschio traballante che si sgretolava nel giro di pochi attimi. Ero
terrorizzato, lo ammetto, ma anche tremendamente affascinato e, ogni qualvolta
mia sorella mi convinceva che Christopher Lee era solo un attore, facevo finta
di crederle, fino a cambiare opinione al primo morso o al primo fanciullo
scomparso.
Tutta la mia generazione di
quarantenni è cresciuta col mito, non di Dracula, o almeno non di quello che
conosciamo oggi, ma di attori del calibro di Lon Chaney Jr. Con
un solo sguardo, eran capaci di farmi schizzare i capelli dritti in testa e
trasformarmi la pelle in quella di un’oca.
Giunto
all’adolescenza, nei favolosi anni ottanta, il mito di Dracula non si era
discostato di molto da quando ero ragazzino. Sempre lo steso distinto signore
in frac o smoking, bastone da passeggio e all’occorrenza un bel monocolo. Be’,
fatto sta che, già ventenne, il mondo vampiresco si trasformò completamente e,
il padre del Dracula cinematografico, tornò alla ribalta come non mai. Bram
Stoker lo scrittore (1897), Francis Ford Coppola il regista. Il successo del
film diede nuova linfa al mito del non morto facendolo apparire per la prima
volta, non come un mostro sanguinario, ma al pari di un romantico antieroe.
Ispirato alla figura di un principe di Valacchia realmente esistito, Vlad Tepes
III detto l’Impalatore, il pubblico ne fu così travolto che iniziò la “caccia
ai vampiri”. No. Non quelli reali, se mai ce ne furono e qualcuno sosterrebbe
di sì; ma quelli letterari. Fu così che “L’intervista col vampiro” della Rice
e tutta la serie a essa dedicata,
divenne una sorta di cult mondiale fino a sfociare in un’inedita versione
cinematografica interpretata da due dei più pagati attori dell’Hollywood dei
nostri giorni: Tom Cruise e Brad Pitt. Per l’occasione nelle vesti di esseri
crudeli e bellissimi, dominati da passione e sete di sangue. I telefilm
seguirono a ruota: Buffy l’ammazza vampiri, Angel e via via molti altri.
E tutti seguiti col
fiato sospeso da milioni di telespettatori, fino a quando nel 2008 scoppiò una
vera e propria tempesta mediatica che si protrae fino a tutt’oggi: Twilight.(
Stephenie Meyer) Ammetto di non aver mai
letto i romanzi, ma mi sono azzardato a vedere il primo film della serie che,
sotto la direzione di Catherine Hardwicke
divenne una vera e propria trappola per adolescenti, amalgamando storie d’amore
in puro stile Beverly Hills 902010. Non me ne vogliano i fans, ma le storie
adolescenziali sono una cosa. I vampiri un’altra.
Dal canto mio,
in quegli anni ero impegnato nella lettura della saga della “Torre nera” di
Stephen King dove, Roland Deschain, il pistolero dagli occhi di
ghiaccio, incrociava la propria strada con padre Pere
Donald Callahan. Non vi dice nulla questo nome? Ahi signori, vuol dire che non
avete letto né la saga della Torre Nera, né “Le notti di Salem” e lì sì che
avreste trovato dei vampiri. Privi del benché minimo segno di umanità. Voglio
citare solo un altro film divenuto un cult per gli appassionati, ma che poco
aveva a che vedere col mito del bello e dannato del succhia sangue delle
generazioni attuali: “Dal tramonto all’alba” diretto da Robert Rodríguez,
con George Clooney e Quentin Tarantino. Probabilmente un tantino
splatter, ma rende l’idea.
Ultimamente
ho la sensazione che si voglia far passare il vampiro come una sorta di
infettato. Un appestato in cerca di riscatto e di una cura. Il vampiro, se
dobbiamo dar credito alla leggenda, è un morto, uno strigoi, come dicono in Romania,
il cui spirito maligno ha rifiutato di liberarsi del corpo.
Troviamo
tracce di vampiri non solo nella letteratura mondiale, ma in ogni mito che
imperversa la nostra terra e a quel che sembra, in ogni epoca, a prescindere da
razza, credo, religione. Non ci credete?
Partiamo
dalla patria naturale dei non morti, la Transilvania. Come abbiamo visto Stoker
ne trasse il suo Dracula, ma prima ancora erano proprio gli strogoi di cui
accennavo pocanzi a farla da padrone. Coloro che vi credevano, non ne erano
affascinati, ma terrorizzati, sino al punto di scoperchiare tombe, decapitare e
piantare paletti nel cuore di cadaveri defunti da poco. Quel che noi
chiameremmo leggende metropolitane, attestano che ogni “vampiro” non aveva
subito alcun grado di decomposizione e che, all’angolo della bocca, cadeva lento
un rivolo di sangue fresco. Il vampirismo talora fu causa di veri e propri
deliri collettivi di massa. Ne parlavano i greci e, la Lamia
è una delle figure più conosciute, anche se pochi sanno che il suo pasto
preferito fossero i bambini. I romani, avevano la strige che si cibava non solo di neonati, ma anche di giovani
uomini. Qualcosa dunque di molto poco
affascinante ed estremamente serio per i nostri antenati. Forse, nel segreto di
remoti villaggi, ancora oggi, una credenza ben più tangibile di quel che si
pensi.
Io stesso
alla fine, pur occupandomi di romanzi con carattere storico leggendario, non ho
resistito alla tentazione di cimentarmi col mito. I “miei” vampiri non nutrono
sentimenti, sono molto vicini a quelli descritti nelle prime leggende: morti il
cui spirito ha rifiutato di abbandonare il corpo e che conservano solo poche
reminescenze della vita passata. Assetati di sangue, sono dotati di poteri di
mutaforma, veloci e con una forza sovrumana. Predatori.
Come
dimostra il nuovo film in uscita del
celeberrimo Tim Burton, il mito è ben lungi dal “tramonto” così come la
casa fumettistica Bonelli dimostra, mese dopo mese, con le avventure del suo
Dampyr.
Perché ci
ostiniamo a leggerne? A cercare film o romanzi e saggi che ne parlino? Solo tre
parole: il fascino del male.
Nel mio caso, lo esercitava
eccome. Svaniva però istantaneamente come accade a molti di voi, quando un
mito, una paura, un terrore inconscio si fanno sin troppo reali e non è più
questione di fascino, ma di sopravvivenza: la nostra. Contro gli incubi della
notte, contro il buio, l’oscurità e la notte più fredda, quando anche una
leggenda come uno vampiro può
divenire reale.
Draculea
Terza puntata del seriale Undead della Chichili Agency, Drăculea di Pierluigi Curcio è un racconto in e-book da leggere d'un fiato (ndr).
Trama
Le rovine della fortezza di Poenari nascondono un segreto. Evitate da
uomini e bestie, ospitano una leggenda che raggela il sangue. Dicono che
l’Impalatore giaccia nella tomba, ma il suo nome di battaglia incute
ancora un vivido terrore tra i monti e le valli della Valacchia:
Drăculea, il figlio del diavolo.
Dunnottar
Prima puntata del seriale Undead della Chichili Agency, Dunnattar di Pierluigi Curcio è un racconto in e-book dalle sfumature vermiglie (ndr).
Nell’oscurità opprimente del sepolcro giacciono la lamia e le spoglie
dell’ultimo custode.
Quando un gruppo di archeologi scaverà tra le rovine del castello di
Dunnottar, la rabbia e il sangue esploderanno con inaudita violenza e,
allora, Alexander Duval, il cavaliere della tomba, tornerà dalle nebbie
del passato per opporsi con ogni mezzo al male che incombe.
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