L'ora dei vampiri - Breve viaggio nelle origini del mito
Si
fa presto a dire vampiro
A cura di Diego Zabot
Vlad Tepes Dracula |
E
sì, si fa presto a dire vampiro. Ma di quali vampiri stiamo parlando?
Di
quelli recentemente famosi, visti al cinema nella saga di Twilight,
adolescenti, belli e luccicanti al sole? Anche loro pallidi ma romantici, affettuosi,
che amano ragazze umane e le difendono.
O
forse potremmo parlare di qualcosa di più classico, dei vampiri pallidi e
tenebrosi provenienti dalla Transilvania, spietati ammaliatori di donne
indifese e avidi succhia sangue?
In
realtà esiste un'altra categoria di vampiri, senza i quali questi appena citati
non esisterebbero: i vampiri delle credenze popolari, del folklore
tradizionale, sconosciuti ai più.
C'era una volta il "risurgente"…
Facciamo
un salto indietro nel tempo, fino ai primi decenni del diciottesimo secolo. La
superstizione dei vampiri si manifesta in maniera preponderante in Ungheria,
Moldavia, Slesia e Polonia. Tra gli anni 20 e 30 di quel secolo si diffonde in
Europa la voce dell’esistenza di diffuse epidemie vampiriche nell’Europa orientale.
Tutto
nasce dal concetto di tempo ciclico nelle società arcaiche, quindi la credenza
che la creazione del mondo venisse riprodotta periodicamente. In queste culture
i morti non cessavano di esistere, cambiavano invece condizione, spostandosi in
un altro mondo. Potevano tornare dai vivi e influenzare le loro scelte,
consigliarli o rimproverarli. E il ritorno poteva essere anche incontrollato; in
questo caso le figure si presentavano come ostili, minacciose. Il periodo prescelto
era a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, quando si riteneva che il mondo venisse
annullato e ricreato, in questo lasso di tempo la barriera tra il mondo dei vivi
e quello dei morti era molto debole e poteva essere attraversato.
Anche
Freud in Totem e Tabù prova a
spiegarci questo timore del ritorno: i superstiti provano un penoso dubbio di
aver trascurato la persona morta quindi coloro che ritornano sono portatori di
sentimenti di astio e invidia nei confronti dei vivi a cui cercano di far del
male perché desiderosi di vendetta.
Nella
metà del 1700 uno studioso e commentatore della bibbia, Augustin Calmet, scrive
un trattato sui cosiddetti risurgenti. Alcune testimonianze
riportate nella sua opera raccontano il modus
operandi del vampiro.
L’essere
usciva di notte dalla propria sepoltura per andare ad abbracciare e succhiare
il sangue ai membri della famiglia, i quali continuano gradatamente a perdere
le forze fino a morire. Per porre fine a queste intrusioni notturne, il risurgente doveva essere dissotterrato e
gli si doveva aprire il cuore. Il cadavere appariva molle, flessibile, carnoso
e rubicondo, come se la decomposizione non avesse agito su di lui. Dal suo
corpo usciva una grande quantità di sangue (dal naso e bocca, soprattutto) che,
raccolto e mescolato con della farina, veniva utilizzato per fare del pane.
Mangiandolo quotidianamente per un certo numero di giorni lo spirito non
ritornava più.
Il
fenomeno del vampirismo in questo periodo genera attenzioni da vari punti di
vista: dal filosofico al religioso, scientifico, giuridico e anche di controllo
e mantenimento dell'ordine pubblico. Le autorità centrali mandavano degli
incaricati a condurre indagini nei luoghi dell'epidemia. La caccia al vampiro
si configura come caccia alle streghe di altre parti d'Europa.
È
proprio in questo periodo che si formano alcuni degli stereotipi classici sui
vampiri. La presenza di sangue sulle labbra del cadavere e di conseguenza
l'immagine del vampiro succhia sangue, nasce in realtà da un fenomeno molto
comune durante la decomposizione di un corpo. Il sangue migra naturalmente
verso la bocca e il naso, soprattutto considerando che un sospetto di vampirismo
veniva sepolto a faccia in giù. Spesso, esumando i cadaveri, veniva riscontrata
la crescita di capelli, unghie e denti: da qui l'immagine del vampiro con le
unghie lunghe e con i denti sporgenti. In realtà è un normale processo derivato
dalla pelle che si disidratava e si ritirava.
Ricorrente
è il motivo delle mani che spuntano dal terreno nel campo sacro, come se la
madre terra rifiutasse le membra corrotte del ritornato. Ciò era causato dal
movimento dei corpi in decomposizione o dal fatto che animali predatori, lupi o
cani, dissotterrassero i cadaveri e se ne cibassero. A uno spettatore sarebbe
potuto sembrare una lotta tra animale e vampiro e per questo venivano
considerati nemici naturali.
Come
eliminare un vampiro?
Si
utilizza soprattutto il fuoco, elemento di purificazione in tutte le culture
antiche, lo si scaccia con una croce, con l’acqua santa (elementi di bassa
magia cerimoniale) e utilizzando dell'aglio (il cui fetore riesce a coprire
quello della putrefazione). Ancora oggi in molte parti d’Europa vengono
utilizzati questi elementi per allontanare gli spiriti malvagi e le streghe.
La
notte era il periodo preferito dei ritornanti e la mezzanotte era un tempo
minaccioso: il punto di passaggio tra un giorno e l’altro apriva le porte del
ritorno. Pochi sanno, però, che anche il mezzogiorno era considerato un’ora
pericolosa. Quando il sole si trova allo zenit, i corpi non proiettano ombre e
quindi gli spiriti maligni sono liberi di aggirarsi senza destare troppi
sospetti. Da qui la credenza che il vampiro non generi ombra.
È
interessante notare che il periodo storico in cui queste epidemie vampiri compaiono
combacia con la fine delle società tradizionali e l’affermarsi del pensiero
moderno. Questi fenomeni nascono come ribellione psicologica alla nuova cultura
proposta. Ma d'altra parte è vero anche che la vita delle popolazioni rurali
era molto faticosa e che la dieta delle zone dell'epidemia era basata
soprattutto sulla carne di maiale (grassa per eccellenza): ciò può aver portato
a visioni e ad allucinazioni.
Il
vampiro, però, non scompare con l'avvento del nuovo pensiero, ma riesce a
riciclarsi nella cultura colta europea. Contagia la produzione artistica,
letteraria e teatrale di molti paesi, cambiando di aspetto e trasferendosi in
città. Nel 1819 John William Polidori reinventa la figura del vampiro con il
racconto The Vampyre.
Un vampiro moderno
A
Ginevra, il 15 giugno 1816, nel salotto di villa Diodati si riuniscono Lord
Byron, in fuga dai salotti londinesi dove aveva destato scandalo, P.B. Shelley,
Clayre Clairmont, incinta di Lord Byron e sua sorellastra, Mary Clairmont,
meglio verrà ricordata come moglie di Shelley, Mary Shelley la famosa scrittrice
che proprio da questo incontro trarrà spunti ed idee per Frankestein (1818). Tra
di loro c’è anche J.W. Polidori, un giovane medico al seguito di Byron. Uomo
rissoso e tetro con cui Byron aveva più volte chiuso e riaperto l’amicizia.
Lord
Byron propone di cimentarsi nella scrittura di storie gotiche, racconti in cui
ci siano delle manifestazioni sovrannaturali. Ken Russel si ispira a questo
incontro e lo ripropone nel film Gothic
del 1986.
Il suo frammento di racconto risulta interessante e
pieno di suspense: il protagonista e un suo amico viaggiatore, Augustus, partono
per l'Oriente. Visitano Smirne e le rovine di Efeso ma presso un cimitero turco
Augustus si ammala gravemente. Prima di morire racconta all’amico di esser già
stato in quel posto e gli fa promettere di mantenere il segreto sulla sua
morte. Indica anche, in maniera molto misteriosa, il luogo e le modalità di
sepoltura.
Da
questa traccia Polidori prende spunto e pubblica nel 1819 sul News Monthly Magazine un racconto
intitolato The Vampyre. L'enorme
successo del racconto porta a inserire una breve introduzione in cui si cita
l’epidemia di vampirismo del secolo precedente, alcune leggende del passato,
racconti, tradizioni popolari, fino ad arrivare agli studi di Calmet. La fama
inaspettata e i debiti di gioco sconvolgono la vita del giovane medico che si
uccide a soli 26 anni.
Nel
racconto di Polidori il vampiro si allontana dal suo ambiente naturale, dalle
superstizioni dei contadini e dalle cronache locali. Il protagonista, Lord
Ruthven, non si muove in campagna, ma nei salotti mondani londinesi. Uomo dagli
atteggiamenti lascivi che conduce una vita libertina: l'autore si prende una
rivincita nei confronti di Lord Byron, costruendo il personaggio a sua immagine
e somiglianza. Inserisce anche un suo alter ego, il giovane Aubrey, vittima del
vampiro.
Il
misterioso Lord Ruthven e il bello e leale Aubrey si recano a Roma. Qui il
giovane si accorge delle nefandezze del Lord e lo abbandona per spostarsi in Grecia,
terra di rovine e vampiri. Incontra e si innamora di una fanciulla lontana
dalle ipocrisie della società londinese che viene però uccisa da un vampiro.
Aubrey viene colto da febbre e delirio e in coincidenza di questo evento
ricompare Lord Ruthven che si prende cura dell'amico. Mentre costui è in fase
di guarigione i due vengono attaccati dai briganti. Il Lord viene ucciso e prima
di morire chiede al giovane di fargli una promessa: di non rivelare per un anno
e un giorno agli amici londinesi le sue nefandezze e la sua morte (qui possiamo
notare un evidente collegamento al frammento di Lord Byron).
Aubrey
acconsente e riparte per Londra ma dopo un po' di tempo in un salotto riappare
a sorpresa Lord Ruthven che ne seduce la sorella . Quando finalmente, delirante
e folle, può rivelare la storia tenuta segreta, l'uomo ha già sposato la
sorella ed è scomparso. Aveva già saziato la sua sete.
Questo
vampiro è legato a un clima gotico e romantico e non alla superstizione
popolare. Lui è un errante, una figura inquieta che appare e scompare in
maniera misteriosa. Importanti temi sono quelli del viaggio, della fuga e
dell'inquietudine, ma anche dello sguardo, la seduzione e la distruttività.
Eroe romantico e maledetto che rovina se stesso e gli altri. Seduce soprattutto
persone candide e innocenti come la fanciulla greca e la sorella di Aubrey.
Anche
l'aspetto fisico muta: lo sguardo diventa irresistibile, gli occhi color verde
putrido, il volto diventa pallido e l'aspetto cadaverico. La melanconia da
tratto psicologico diventa anche tratto fisico, un modo di sentirsi e di
essere. Melanconica è anche la vittima prescelta, chi sta per essere annientato
svuotato, vampirizzato: predisposta a rifugiarsi nelle braccia del proprio
carnefice. Il paesaggio rispecchia questa atmosfera e i personaggi messi in
scena sono tristi inquieti ed erranti.
Quando il vampiro si fa donna
Nel
1872 Joseph Sheridan Le Fanu pubblica un racconto vampirico che ha come
protagonista una donna: Carmilla.
Laura,
io narrante del racconto, vive con il padre in un castello della Stiria. A sei
anni Laura si sveglia nel cuore della notte e viene rimessa a dormire da una
giovane signora. Viene risvegliata da una sensazione di punture di spillo nel
petto e vede questa donna ritrarsi e fuggire sotto il letto. Appare come una
succube che disturba e opprime nel sonno la bambina.
Anni
dopo arriva al castello una donna, Carmilla, che chiede ospitalità. Laura
scorge in lei un volto bello e malinconico e la riconosce come colei che le era
apparsa e mai aveva spesso di perseguitarla. Si sente attratta ma nel contempo
ha un vago senso di repulsione. La ragazza è il prototipo del personaggio
malinconico, ha il presentimento costante di una sciagura che incombe su lei e
il padre. La storia parla di un legame vampirico infecondo, di sessualità
repressa che sottintende a un legame lesbico.
Nel
mondo attorno a loro si verificano episodi di vampirismo mentre Laura perde
sempre più le forze. Un medico la visita e rileva grande debolezza ed asfissia.
L’intervento di un generale amico di famiglia salva la fanciulla dall’influsso
di Carmilla. Giustizia la donna nella sua tomba, la trafigge, la decapita e
brucia le ceneri vengono spargendole nell’acqua in presenza delle autorità
incaricate di accertare la veridicità del caso di vampirismo. Si può notare
come l'autore utilizzi la figura del vampiro romantico e la circondi di
elementi folkloristici.
Anche
lo scenario è melanconico, Le Fanu descrive rovine e distruzioni. La melanconia
nasce dalla visione dei ruderi e prelude alla rovina degli individui. Il finale
è positivo anche se non conclusivo: il vampiro ora è un qualcosa di interno
sempre in agguato, mai definitivamente sconfitto. Vive nel buio della nostra
personalità, in mezzo alle rovine interiori.
Finalmente arriva Dracula
Il
racconto di Bram Stoker del 1897, che molti reputano il capostipite dei
racconti di vampiri, in realtà viene scritto con una certa quantità di
materiale bibliografico alle spalle. Stocker consulta molto attentamente la
storia e le tradizioni popolari relative ai vampiri ed effettua ricerche sul
personaggio storico di Vlad Tepes Dracula, principe di Valacchia, coraggioso
condottiero, difensore della cristianità e implacabile nemico dei turchi, famoso
per le sue azioni violente, crudele impalatore dei suoi nemici.
La
storia si svolge principalmente a Londra. Il romanzo è una combinazione di
pagine di diario, lettere, inserzioni del giornale e referti telegrafici.
Stoker, da giornalista ed abile scrittore,
crea un primo genere letterario giornalistico. Conseguenza di ciò, Dracula
non sembra vivere di vita sua. Vive attraverso le testimonianze, racconti e
paure degli altri. Dracula non parla mai direttamente ma i personaggi che lo
incontrano annotano la fisionomia, gesti, parole e comportamenti.
Nel
racconto Jonathan Harker viaggia verso la Transilvania per incontrare il conte
Dracula, intenzionato ad acquistare una casa a Londra. Il viaggio è denso di
inquietudini e pericoli. Ben presto si accorge di essere immerso in un ambiente
infestato di credenze e superstizioni vampiriche. I paesani si fanno il segno
della croce quando sentono parlare del conte e la donna dell’albergo gli dona
una croce come protezione.
Arrivato
al castello, tre donne vampiro suscitano in Harker desideri erotici mai provati
in precedenza. Dracula viene così descritto: vecchio alto, accuratamente
sbarbato, lunghi baffi bianchi vestito di nero. Mano fredda come il ghiaccio.
Volto di un rapace, naso sottile ma con
le narici dilatate. Fronte alta, capelli radi attorno alle tempie ma abbondanti
altrove. Sopracciglia cespugliose. La bocca nota poco sotto i baffi folti, ma
compaiono i denti bianchi e aguzzi che sporgono su labbra rosso pieno.
Le
labbra carnose e la corporatura robusta riportano al vampiro delle tradizioni
popolari, ma gli altri particolari combaciano con l’eroe melanconico e
maledetto di derivazione byroniana. Dracula è loquace, galante, accattivante.
Harker viene vampirizzato e perde la sua identità.
Londra
diventa il suo luogo d’azione. Qui vampirizza Lucy, donna melanconica, bella e
fragile. Ha anch'essa desideri erotici nascosti che manifesta con lascivia dopo
l’incontro con Dracula. Viene giustiziata da van Helsing, un medico che crede
ai vampiri e che si mette a caccia di Dracula.
Mina,
donna coraggiosa e forte, subisce il fascino e attrazione del vampiro. Si sente
contaminata e colpevole ma trova dentro di se l’energia per affrontarlo ed ucciderlo.
Il
romanzo è a lieto fine ma non c'è la
certezza che Londra sia riuscita ad allontanare definitivamente il contagio
vampirico.
Lo specchio della società
Il
vampiro non riflette la propria immagine negli specchi, ma diviene lo specchio
stesso della società in cui è rappresentato. Le società rurali del vampiro
folklorico erano abituate a un universo dove il ritorno era possibile e
previsto, dove i defunti potevano ritornare a contagiare e uccidere i loro
familiari. Il vampiro moderno porta la nostalgia dell'individuo consapevole che
tutto finisce senza possibilità di ritorno. Infatti anche nella Londra
descritta da Stoker troviamo scenari di una possibile imminente apocalisse e di
fine della civiltà occidentale.
Il
vampiro folklorico risulta legato ai bisogni fisici delle società tradizionali,
il vampiro romantico è legato ai bisogni spirituali della società moderna. I
defunti non vengono più disseppelliti, ma vengono scoperti i cadaveri nell'armadio
dentro a ognuno di noi. L'uomo in tutta la sua doppiezza.
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