Recensione: La contessa nera di Rebecca Johns - Garzanti

La contessa nera 
di 
Rebecca Johns
Titolo: La contessa nera
Autore: Rebecca johns
Editore: Garzanti
Pagine: 323


Contenuti:
Ungheria, 1611. L'alba illumina l'imponente castello di Csejthe. Nella torre più alta, una donna completamente vestita di nero è sveglia da ore. Murata viva in una stanza fino alla morte: così ha decretato il conte palatino. Ma la contessa Erzsébet Bàthory non ha nessuna intenzione di accettare supinamente il destino che le viene imposto. Non l'ha mai fatto nella sua vita. Ha solo sei anni quando, nella sua dimora tra i freddi monti della Transilvania, assiste ad atti di violenza indicibili. Neanche quando, appena adolescente, è costretta a sposare l'algido e violento Ferenc Nàdasdy. Un uomo sempre lontano, più interessato alla guerra e alle scorribande che a lei. Erzsébet è sola, la responsabilità dei figli e dell'ordine nel castello di Sàrvàr è tutta sulle sue spalle. Spetta a lei gestire alleanze politiche e lotte di potere. Lotte sanguinose, piene di sotterfugi e tranelli, che fanno emergere la parte più oscura della contessa, un'anima nera. Strane voci iniziano a spargersi sul suo conto. Sparizioni di serve torturate e uccise, nobildonne svanite nel nulla. Chi è davvero la donna imprigionata tra le gelide pietre di Csejthe? È solo vittima di una cospirazione per toglierle il potere? O il male è l'unico modo per Erzsébet di sopravvivere in un mondo dominato dagli uomini? La contessa nera si ispira alla figura della prima serial killer della storia, Erzsébet Bàthory, la contessa sanguinaria. Padrona spietata, torturatrice di centinaia di giovani donne, assassina crudele. 

Recensione a cura di Elena Romanello 
I serial killer sono praticamente sempre uomini, ma il serial killer che ha fatto più vittime è, a quanto si dice, una donna: la contessa Erzsébet Bathory, avvicinata come possibile donna vampiro a Dracula, ispiratrice di film dell'orrore e a quanto pare della figura fiabesca della regina Crimilde di Biancaneve, è stata per secoli avvolta da una leggenda nera e di sangue, con fanciulle sacrificate e bagni nel sangue per mantenersi giovani.
Ma siamo sicuri che la contessa Bathory fosse davvero questo mostro che ci tramanda la tradizione popolare, e non piuttosto una donna che voleva mantenere il suo potere in un mondo dominato dagli uomini, una feudataria che non voleva cedere le sue terre alla logica del più forte e che per questo fu accusata delle peggiori nefandezze per toglierla di mezzo, un personaggio scomodo vittima di un mondo di uomini ancora più spietato di lei? Questa è la premessa de La contessa nera di Rebecca Johns (Garzanti), romanzo appassionante ma rigoroso come una biografia, per restituire un'epoca spietata e corrotta, di cui Erzsébet era il prodotto, una Lady Macbeth capace di crudeltà ma non l'assassina seriale che la tradizione popolare ha tramandato fino all'epoca contemporanea, sottolineando anche la sua lenta ed atroce fine, sepolta viva come la manzoniana Monaca di Monza.
Tra Medio Evo e Rinascimento, giochi intestini di religione e di potere, torture e morti, passioni e tragedie, si dipana una vicenda umana appassionante: certo, la contessa Bathory non era una dolce anima candida trovatasi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, ma pratiche all'epoca comuni come il picchiare la servitù furono ingigantite contro di lei, in un crescendo orchestrato ad arte partendo da atteggiamenti di prevaricazione della donna comunque non lontani da quelli in auge all'epoca, ma che nel caso di Erzsébet furono manovrati ad arte per liberarsi di lei, da alcuni uomini tra cui il suo ex amante.
Non un'eroina senza macchia e senza paura, ma nemmeno una belva assassina che faceva il bagno nel sangue delle vergini sue serve o figlie di altri nobili: il romanzo di Rebecca Johns restituisce l'avventura umana di una donna appassionata e intelligente, spietata per necessità, oltre ai sensazionalismi che colpirono nei secoli qualunque donna che aveva comportamenti diversi da quelli che le venivano richiesti e che spesso ricorreva al male perché era l'unico modo per difendersi e provare a stare a galla.
Per chi ama le biografie di donne meno note, oltre gli stereotipi di una storia scritta sempre dai vincitori, sempre e comunque uomini.


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