L'Editorial(e) - 8 maggio 2016



Inauguriamo oggi la nuova rubrica m'amMa non m'amMa, quale giorno migliore per "parlare" di maternità, dell'essere madre, insomma?


A cura di Irene Pecikar 


  Da qualche mese, come alcuni di voi sanno, sono diventata mamma per la quarta volta. Ma questo traguardo insperato non è stato un viaggio in discesa, tutt'altro... e, come accade a molto donne, ci sono stati momenti bui in cui ho creduto che non avrei mai potuto conoscere il privilegio di essere madre. In cui ho pianto la dolorosa perdita di un piccolo cuoricino che aveva smesso di battere dentro di me. Momenti in cui mi sono sentita inadeguata. Incompleta. E, poi, a distanza di anni, mi sono sentita davvero fortunata e, talvolta, in colpa per tanta ricchezza.
Qualche tempo fa riflettevo sul mio istinto materno e sulla personale visione che ho della maternità.

Non c’è nulla da fare, la maggior parte di noi donne, già da bambine sviluppa, chi più chi meno, un naturale istinto materno che nell’infanzia riversa sulla propria collezione di bambole o peluche (a me capitava con i cuccioli di casa) o meglio ancora, su quella prescelta. Una bambola che accudiamo con dedizione, fantasticando, spesso sognandolo anche, nell’attesa di stringere tra le braccia un bimbo vero, caldo e profumato di cui prendersi cura: nostro figlio.

All’inizio ci accontentiamo di placare questa smania che ogni tanto se ne esce, tra un gioco e un altro, con un fratellino, un cuginetto, un bimbo nella nostra cerchia familiare o di conoscenti. O, ancora, un gattino o un altro pelosetto. Lo teniamo in braccio, bloccate, quasi senza respirare all’inizio, perché temiamo possa rompersi.

A parte rare eccezioni, ogni donna nasce e comincia a diventare madre in potenza già dall’infanzia. Crescendo ci si accorge che per avere un figlio alcuni tasselli della nostra vita devono incastrarsi correttamente. È necessario trovare l’uomo giusto, poter garantire al bimbo una vita decorosa, quindi avere una casa dove crescerlo, un lavoro per poterlo mantenere. Spesso siamo costrette a pianificare e rimandare, nonostante il desiderio di maternità sia intenso. Oppure, alcune, spesso le più giovani di noi, si lanciano alla ricerca di una gravidanza con istinto e un pizzico di incoscienza, ritenendo che in qualche modo con il loro amore e il loro impegno, magari con l’aiuto dei parenti più prossimi, il bimbo crescerà felice.

Ma cosa fa di una donna una madre? E, soprattutto, quando si diventa madri?

Non siamo forse tutte noi donne, desiderose di avere un figlio, madri in potenza? Fantasticando sul nostro pargolo, non ci sentiamo già a tutti gli effetti la sua mamma?

Già prima ancora di leggere il risultato dello stick ci sentiamo tali. Stiamo già, almeno in parte, rivoluzionando la nostra vita per quella che potrebbe crescere dentro di noi. E quando il risultato è positivo? Ogni settimana che passa, controlliamo i suoi progressi. Mese dopo mese cresciamo con lui. Siamo ogni giorno più pronte a confermare il nostro ruolo, anzi, la nostra promozione a mamma a tutti gli effetti, anche se capita a volte di avere dei timori: ci chiediamo se saremo all’altezza oppure possiamo essere spaventate man mano che si avvicina il momento del travaglio e del parto. Ma spesso è proprio il nostro bimbo a darci la forza per superare ogni preoccupazione, quel bimbo che abbiamo sempre immaginato di prendere in braccio, fin dalla nostra tenera età, un traguardo che ora è a un passo.

Comunque sia, che rimanga solo un’idea, perché il risultato di quel dannato test è ogni volta negativo, o scopriamo essere realtà, perché abbiamo la conferma che il nostro cucciolo è davvero in crescita dentro di noi, la percezione di noi stesse è la stessa: noi siamo la mamma di quel bimbo che stiamo attendendo di stringere tra le nostre braccia, dopo nove mesi, se siamo fortunate, o dopo più tempo, o forse mai.

Essere madre è qualcosa che prescinde dall’atto di partorire nostro figlio?

Forse, in parte.

Se una gravidanza per diverse ragioni dovesse interrompersi, quella donna non potrebbe più considerarsi la mamma di quel bimbo che fino a pochi minuti prima respirava attraverso di lei, cresceva per merito suo e che dopo qualche mese avrebbe visto la luce?

Perdere un bimbo, perché per noi è il nostro bimbo da subito, e forse ancora prima del concepimento, sebbene in ogni epoca della gravidanza sia considerato embrione o feto, è un episodio gravoso, un lutto, che può creare un vuoto dentro. Ma è sempre meglio concentrarsi sul futuro e la possibilità di un’altra gravidanza.

Tuttavia, quando il medico, verificando con gli opportuni controlli, ci dovesse informare che con ogni probabilità, o perfino con certezza, nessun bambino potrà mai (o mai più) crescere nel nostro utero, allora non saremo mai mamme? O resteremo la mamma di quel bambino che non è mai nato?

Essere madre ed essere genitrice non sono la stessa cosa. Possono complementarsi, coincidere, nella maggior parte delle donne, eppure l’una può talvolta escludere l’altra.



Essere madre è qualcosa che nasce, partendo dalla nostra volontà, dalla nostra anima, cuore e mente compresi.


Quante aspettative, notti in bianco, preoccupazioni e gioie immense, piccole e grandi sconfitte, vuoti talvolta, ma che momenti emozionanti che rimarranno indelebili per sempre nella nostra vita. Essere mamma è questo e molto altro!


Un augurio speciale a tutte le mamme (in potenza e in atto) per la loro festa!

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Editorial(e) di Irene Pecikar - Riflessioni sulla maternità 


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