recensione: IL CLUB DEI RICORDI PERDUTI di ANN HOOD


Titolo: Il club dei ricordi perduti
Autrice: Ann Hood
Pagine: 348 pp.
Editore: Tre60

Trama: Senza nessuno cui dedicarle, le parole sono vuote e inutili. Come vuota e inutile è ormai la vita di Mary Baxter, una brillante giornalista che ha visto il filo della sua esistenza spezzarsi un maledetto giorno di primavera. Tuttavia, con un matrimonio sull'orlo del fallimento e un lavoro che ha perso ogni significato, Mary sorprende per prima se stessa quando decide di seguire l'unico consiglio che le ha dato la madre per superare il dolore: iscriversi a un corso di lavoro a maglia. Scettica ma allo stesso tempo incuriosita, Mary inizia quindi a frequentare la merceria di Alice - una premurosa e saggia vecchietta - dove cinque donne si ritrovano ogni mercoledì sera per creare sciarpe, maglioni, cappellini e calzini. Così, col passare delle settimane, si instaura un profondo rapporto di intimità e amicizia tra Mary e le componenti del "club", che durante le sedute le raccontano il proprio passato. Come Scarlet, che ha deciso di aprire una panetteria dopo aver perso l'amore; o Beth, madre di quattro figli, che si porta dietro un grande rimpianto; e poi Lulu, Ellen, Harriet, ognuna con la sua storia e i suoi segreti, le gioie e le delusioni, i successi e i fallimenti... E saranno proprio quelle donne e la serenità trasmessa dal lavoro a maglia ad aiutare Mary a capire che è sempre possibile uscire dal guscio in cui ci rinchiudiamo, per aprirci di nuovo alla vita e all'amore.

Recensione a cura di Stefania Scarano:
Si dice che i lavori manuali aiutino a distrarsi e non pensare, che stancando o impegnando il fisico i pensieri vengano relegati per qualche ora o giornata, bene, questo è lo scopo del club di maglia per le donne che vi partecipano.
 In primis vi è Mary, la protagonista, ha perso la sua bambina e da allora non si da pace, non riesce ne a lavorare ne a svolgere i compiti quotidiani entrando in conflitto anche col marito che invece trova nel lavoro la sua valvola di sfogo. Su consiglio di sua madre, ex alcolista e "guarita" con il lavorare a maglia, Mary inizia a prendere lezioni nel negozio di filati di Alice e poi accoglie il suo invito al club.
 Lì conoscerà varie donne, apparentemente tutte equilibrate e tranquille ma di fatto che hanno vissuto grandi tragedie, proprio come lei, e che hanno trovato nel lavorare a maglia e nel condivedere i loro lavori nel club una valvola di sfogo, un appiglio per dimenticare le loro pene e fare qualcosa di costruttivo.
 Il club della maglia è per tutte una sorta di gruppo di auto-aiuto, c'è chi è già guarito, chi riesce a convivere col passato e chi cerca di farlo in un passarsi il testimone, c'è sempre qualcuno che ha bisogno di imparare a lavorare a maglia infatti.
 Un libro triste ma, alla fine, con i ringraziamenti, si comprende che è stata ispirata dalla stessa storia personale dell'autrice per cui se la maglia è riuscita a tirarla fuori dal baratro ben venga per tutti i cuori infranti da questa o quella sciagura... onestamente è riuscita a farmi venire voglia di imparare, sciarpe e guanti non sono mai troppi, no?
 Un libro piacevole nonostante il tema principale sia quello della perdita e del dolore che da essa ne deriva.
 L'ho divorato speranzosa e alla fine, in un modo o l'altro, la luce fuori dal tunnel c'è per tutti.
 La lettura è scorrevole, i capitoli si alternano tra quelli intitolati ai vari personaggi con le loro storie e quelli intitolati al club, il linguaggio tecnico della maglia è comprensibile anche a chi non sa cosa siano ferri e filati e non è mai noioso perchè rappresenta solo qualche intermezzo.

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