Recensione: "Introduzione al mondo" di Idolo Hoxhvogli
INTRODUZIONE AL MONDO
Notizie minime sopra gli spacciatori di felicità
di
Idolo Hoxhvogli
Autore: Idolo Hoxhvogli
Titolo: Introduzione al mondo
Editore: Scepsi & Mattana
ISBN 978-88-902371-8-8
ISBN 978-88-902371-8-8
Una scintillante fenomenologia del presente e dei suoi impazzimenti osceni; una caustica esplorazione del pensiero breve e del comunicare banale; una scrittura densa e guizzante; una denuncia mite e spietata.Recensione a cura di Luigi Francesco Clemente ©
Già presente in numerose riviste italiane e
straniere, con Introduzione al mondo. Notizie minime sopra gli spacciatori
di felicità (Scepsi & Mattana Editori, Cagliari 2012), Idolo Hoxhvogli,
classe '84, giunge alla sua opera prima. Si tratta di un libro di racconti e
prose brevi, dal registro allegorico e grottesco, che tradisce una maturità
compositiva inedita e, per certi versi, in controtendenza col panorama
letterario italiano degli ultimi anni – panorama cui calza perfettamente quanto
l'Autore dice del romanzo di successo, che è «un po' radical, un po'
chic, a volte radical-chic. E' attento al sociale mentre strizza
l'occhio ai potenti. Usa un linguaggio politicamente scorretto, ma in maniera
corretta».
Proprio la questione del linguaggio può
rappresentare un'utile chiave di lettura per avvicinarsi a un libro come
questo. Come è possibile dire, con verità, una realtà integralmente falsa? Come
dire veramente il falso? Quale parola può dire adeguatamente, ovvero senza
velleità moralistiche o retoriche, un mondo capovolto – quello, tanto per esser
chiari, del godimento autistico e della speculazione finanziaria?
Prendiamo la prima parte del libro: La
città dell'allegria (le altre due sono La civiltà della conversazione
e Fiaba per adulti). Vi si narra la “storia” di una città «piena di
altoparlanti che gridano “Allegria”», a ogni ora del giorno, a ogni istante e
in ogni luogo, nelle strade, dentro e fuori i negozi, alle finestre delle case;
megafoni fortemente voluti dal sindaco Bunga, convinto che grazie ad essi avrebbe finalmente offerto la
felicità ai suoi concittadini. Ma a forza di moltiplicare gli altoparlanti, «è
giunta l'assuefazione, tanta che l' “Allegria” lo sentono soltanto i forestieri
in un fragore confuso». Dalla città vicina giunge, perciò, uno straniero, che
«si avvicina come un lesto gatto a un megafono a caso” e, per il gran fragore,
ne è buttato fuori. Ma non è solo il forestiero a mettersi alla volta della
città dell'allegria. Ci prova anche la Legge. Arrivata al palazzo del governo,
si trova davanti un maiale che le sbarra l'ingresso avvertendola che è solo «il
primo tra i novecentoquarantacinque maiali a guardia del palazzo”, cosicché al
suo posto entrerà una signorina che vuole lavorare in televisione. C'è poi chi,
come Leo, scrive inutilmente al sindaco perché faccia rimuovere il megafono
che, posto dov'è, proprio fuori del suo balcone, gli ha tolto quel sonno
necessario a curarsi dell'allegrite, «pericolosissimo morbo che percuote
pochi sfortunati». C'è solo un modo, tuttavia, per guarire davvero da questa
malattia. Si chiama Introduzione al mondo, un potente farmaco grazie al
quale è possibile «non sentire più nulla» e vivere «una vita normale, senza
controindicazioni», al riparo dall'«eccesso d'anima», che «conduce a una lenta
e progressiva paralisi della vita, il non riuscire a far nulla».
Ora, dopo aver letto questa ricostruzione
della prima parte del libro, non vi resta che dimenticarla. Perché si tratta
proprio di una “ricostruzione”, di una ricomposizione di frammenti allergici
alla sintesi, un'operazione esterna al testo – in altre parole: la sua
neutralizzazione in una “lingua corretta”. Quella di Hoxhvogli è, infatti, una
scrittura breve, ricca di immagini dialettiche, sempre al limite dell'assurdo e
del grottesco, in cui si sente risuonare la lezione di autori come Kraus,
Benjamin o Kafka – lezione stilistica e, soprattutto, conoscitiva. Come nel
caso del Piccolo saggio sugli altoparlanti, un vero e proprio manualetto
tecnico, con tanto di diagrammi e formule, per comprendere perché «la nostra
città si fonda sull'altoparlante». Oppure si pensi a testi come Popoli e
altri animali, Il noi, L'altro, Il guardone, al limite
del saggio filosofico, dove i concetti – il “noi” e l'“altro” – diventano
attori, personaggi di una messa in scena senza conciliazione né sintesi: «Il
noi è morto e l'altro non l'ha scampata» .
Nella seconda parte del libro questa istanza
conoscitiva refrattaria alla sintesi si fa addirittura fenomenologia del tempo
presente e dei suoi orrori quotidiani, grazie a una galleria di mostri e figure
più o meno umane, passate attraverso una lente allucinata e deformante che,
lungi dallo sfigurarle, le consegna alla loro verità. Qui, trattandosi della civiltà
della conversazione, tutto prende voce, dalle persone alle cose, a intonare
un monologo del disordine in cui le parole sembrano aver preso il posto delle
cose e delle persone: «In piazza un uomo
gioca da solo a conversazione. Recita le due parti necessarie al dialogo. Finge
di salutare. “Come sta?”, chiede. Si spoglia e riveste. Gira la testa e strizza
l'occhio. “Bene”, risponde».
Hoxhvogli non nutre alcuna vicinanza per le
situazioni e i soggetti che rappresenta; nella sua prosa non c'è compassione né
pietà, ma disprezzo e rifiuto. La civiltà della conversazione, sembra dirci
l'Autore, è, alla fin fine, la civiltà del letame – spacciato per cibo,
ovviamente: «Un uomo, credendo si tratti di cioccolata, si getta a fauci
spalancate su di un cassone, invece pieno di letame. Mangiando, si accorge che
non è cioccolata, ma così c'è scritto e pensa: “Ben venga”. Un secondo uomo vede
il primo ingozzarsi, scorge il cartello Cioccolata, e si unisce al
primo».
E, più avanti, proprio il letame viene
individuato come il rovescio osceno dello spettacolo, quella chier spectaculaire
al centro di una esilarante selezione televisiva che vede scontrarsi «un
intellettuale e il prestante Ano. Il confronto sviluppato nella sede legale non
stabilì alcuna supremazia. L'intellettuale prevaleva negli argomenti degni di
nota, il vigoroso Ano era imbattibile in tutto il resto». Alla fine, dopo mesi di
accurate ispezioni, Ano – vi lasciamo immaginare come – vince il provino e
garantisce alla trasmissione il pieno d'ascolti: «Il picco di chier
arrivò durante un confronto sulla capacità dei media di migliorare la società.
Cercando di proferire parole ponderate, Ano fu colto da un brusco attacco di
tosse petodefecante. Le telecamere vennero travolte dal letame. I
telespettatori aprirono sorpresi la bocca bramosa».
E' così che dove viene strappato un qualche
sorriso, si tratta di un misto di amarezza e vergogna per le vicende narrate e,
forse, anche per noi che leggiamo, giacché l'assurdo rappresentato è anche il
nostro assurdo quotidiano. Qualche esempio: «Ha un sorriso per tutti i
giorni e uno per la festa. Quello di tutti i giorni l'ha preso al discount.
L'altro, il sorriso che indossa nelle occasioni speciali, in una boutique […]
La sua gamma di sorrisi soddisfa l'arco di relazioni con l'altro. Quando è con
se stesso e l'altro è lo specchio di fronte, non sorride» (I sorrisi del
capitano Polvere Bagnata); «Ho incontrato un tale che rapina
quotidianamente il prossimo. Credo fosse dipendente pubblico o banchiere. L'ho
incontrato in libreria. Chiedeva un euro di sconto su un capolavoro, L'uomo
senza qualità» (Conversazione 5). «All'inizio sembrò una disgrazia.
Quando il giornalista aggiunse che si trattava di stranieri, mio padre,
inizialmente scosso, tirò un sospiro di sollievo: “Ah”. Come a dire: “Ora
capisco”. Erano stranieri. Che ci facevano degli stranieri a quell'ora? Deve
aver pensato che se l'erano cercata. “Meglio così”, come mio padre, esclamarono
in molti sulle tavole da pranzo. “Meglio così”: questa esclamazione, però, non
uscì dalla televisione, come la notizia: “Cinque giovani morti in un impatto
tra vetture”» (Conversazione I).
Ben diverso è il registro della terza parte
del libro, dove il grottesco cede il posto al tragico e la fenomenologia delle
situazioni fa spazio alla descrizione delle singolarità, dal topolino Chubby
alla bambina Allegra. Quella narrata è una fiaba per adulti – «la storia
abortita di un piccolo cadavere» – che mette la parola fine una volta per tutte
alla città dell'allegria, e non perché minacciata dalla malinconia o
dall'eccesso d'anima, sentimenti ancora in qualche modo neutralizzabili, ma per
ragioni molto più radicali e terribili, in cui la vita e la morte finiscono per
coincidere, come se l'iniziazione al mondo degli «spacciatori di felicità»,
opinionisti politici economisti predicatori di ogni sorta o colore, fosse – in
ultimo – un solco scavato dagli adulti nel grembo di una vita innocente, la
ferita insanabile di un'esistenza macchiata di sangue.
L'autore:
Idolo Hoxhvogli (1984) è nato a Tirana e vive a Porto San Giorgio. Si è
formato all’Università Cattolica di Milano. I suoi scritti sono presenti in
numerose antologie e riviste italiane e straniere, tra cui «Gradiva
International Journal of Italian Poetry» (State University of New York at Stony
Brook) e «Cuadernos de Filología Italiana» (Universidad Complutense de Madrid).
Tra i suoi lavori ricordiamo Introduzione
al mondo, Scepsi & Mattana, Cagliari 2012.
Il recensore:
Luigi
Francesco Clemente è dottore di ricerca in Filosofia e Scienze umane presso l'Università
degli Studi di Perugia. Le sue ricerche vertono soprattutto sulla fenomenologia
e la psicoanalisi. Tra le sue pubblicazioni: Un idealismo senza ragione. La
fenomenologia e le origini del pensiero di Emmanuel Lévinas, Ombre Corte,
Verona 2008; Giobbe, Cristo e l’impotenza divina. Alcune considerazioni
sulla riflessione teologica di Slavoj Žižek, in «Davar», vol. 5, 2010, pp.
105-127; Controversie. Sul senso della razionalità fenomenologica nel
giovane Lévinas, in «Smerilliana», vol. 12, 2011, pp. 161-182. Attualmente
sta lavorando, per i tipi di Orthotes, sulla traduzione dall'inglese di A.
Zupančič, Etica del Reale. Kant, Lacan.
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