Concorso SUSPENSE TALE - Nuovi racconti...
martedì 22 marzo 2011
Racconto numero 11 - Il cambio delle regole
Racconto numero 11
Il cambio delle regole
(L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)
Il nostro era un gioco semplice e con poche regole.
Regola
numero uno: nessuna formalità o ufficiosità. Regola numero due: noi da
soli eravamo importanti. Il resto, in quanto tale, non lo era. (Questo
implicava che la vita privata non potesse intromettersi). Regola
numero tre: niente sesso. Avrebbe solleticato con eccessiva facilità i
sentimenti, che dovevano rimanere un affare personale, da non scoprire.
Io giocavo bene e non aveva mai infranto le regole.
Rettifico: non aveva mai infranto le regole fino a quella notte.
Uscii
di casa tardi, più o meno verso le undici passate. Avevamo
appuntamento al Lounge Paris Caffè e io avevo passato le ultime due ore
a prepararmi, non perché ci tenessi a rendermi particolarmente
attraente per lui, ma piuttosto perché mi eccitava l'idea che qualcuno
fosse in attesa del mio piacevole aspetto e della mia stuzzicante
presenza, come lui aveva definito. Ero una bella donna e credevo di non
aver bisogno di un uomo che me lo ricordasse continuamente. Invece la
verità era che non ero abbastanza forte, né onesta con me stessa, da
capire di essere totalmente dipendente dagli sguardi altrui.
Aprii
la porta del bar e fui avvolta dal sottile elettro jazz che suonava in
sottofondo, qualcosa che riusciva indiscutibilmente a
tranquillizzarmi. Scelsi un tavolino affianco alla vetrata scura, così
avrei potuto guardare le macchine parcheggiarsi. Dopo circa dieci
minuti vidi un'auto blu rallentare sulla strada di fronte e svoltare
verso il bar. Un po' nervosa sorseggiai il mio prosecco con pompelmo,
godendo di quella frizzante sensazione fra le labbra, finché dopo pochi
istanti sentii la porta alle spalle socchiudersi e un passo sicuro
avvicinarsi, fino al mio tavolo. Non mi voltai fino a che non sentii
una mano sfiorarmi i capelli, leggera, allora alzai gli occhi dal
bicchiere e lasciai che i nostri sguardi si incrociassero con
intensità. Era un attimo importante, quello: il primo impatto dei
nostri visi era di un magnetico insolito, che arrivava puntuale ad
elettrizzarmi. Gli sorrisi con una sottile malizia, come a voler
riprendere il gioco da dove lo avevamo lasciato l'ultima volta.
Facevamo sempre così.
Racconto numero 10 - LA VENDETTA DI ISABELLE
Racconto numero 10
LA VENDETTA DI ISABELLE
(L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)
VERSAILLES – 5 SETTEMBRE 1691
La
notte era tiepida, nonostante il mese di settembre in genere
riservasse temperature più rigide in quella parte della Francia e in
quel periodo dell’anno. Isabelle si sentiva come in un limbo, in bilico
tra la vita e la morte : per lei infatti quella notte avrebbe segnato
la via del non ritorno in un caso, o della salvezza e della rinascita
nell’altro.
Pregava
in quei giorni, come non aveva più fatto dalla morte dei suoi
familiari e del suo promesso sposo nel maggio di alcune settimane
prima; sarebbe stata una sera come tante altre non fosse che quella
aveva segnato invece la sua fine. Era sopravvissuta ma vedere uccidere
senza pietà le persone che si amano ti fa morire nell’anima e più di
una volta Isabelle si era ritrovata a domandare ad alta voce un’unica
domanda rivolta a Dio : perché?. Domanda che naturalmente non avrebbe
mai avuto risposta, Dio non si scomoderà mai a rivelarle le ragioni per
cui sia stata perpetrata una strage tanto efferata. Dio di certo no,
ma qualcun altro sì e Isabelle voleva avere quella risposta e voleva
che quelle fossero le ultime parole pronunciate dall’uomo che aveva
voluto che tutto ciò accadesse. Voleva che lui le rivelasse la ragione
per cui aveva accusato la sua famiglia di tradimento e infangato il
nome di gente onesta come i Morens per poi farli giustiziare senza un
processo. Voleva chiederglielo e guardarlo negli occhi mentre la lama
del suo pugnale affondava nella sua carne e la vita abbandonava il
corpo dell’uomo che le aveva sconvolto la sua distruggendogliela per
sempre.
Isabelle
conosceva l’identità della persona che aveva dato ordine di
giustiziare la famiglia Morens e gli era grata per aver voluto che lei rimanesse
in vita per essere testimone della sua grandezza e della sua
inclemenza di fronte a chi veniva accusato di cospirare contro la
Francia. Chi veniva accusato di tramare insieme al nemico come era
accaduto alla famiglia di Isabelle, sfidava direttamente lui, l’uomo
più potente del regno, lui che era stato investito del suo potere
direttamente dalla mano divina, lui che aveva in pugno le sorti non
solo dei suoi sudditi ma di mezza Europa. Lui, Luigi XIV, il Re Sole.
Racconto 9 - Dove il piacere si placa solo quando ha fame
Racconto numero 9
Dove il piacere si placa solo quando ha fame
(L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)
Giovedì, 16 marzo 2002
Ho
bisogno davvero di fumarmi una sigaretta, ora. Era da tanto che non mi
succedeva qualcosa di analogo. Da quando ho lasciato Padova per
l’esattezza. Un anno non è affatto poco. Forse era semplicemente tornato
il momento giusto per rifarlo. Qui. Forse il bisogno che avevo di
lasciarmi trascinare dall’impetuosità degli eventi era tale da perdermi
nel gusto della precarietà. Attenzione, precarietà del piacere intendo,
non di altro. Sapere di poter avere una donna e tuttavia essere
coscienti di poter rischiare di perderla fa venire un gran cerchio alla
testa. Il desiderio e la consapevolezza di poterlo appagare, questo
desiderio, entrano in un vortice magnetico spinto da un’adrenalina
fortissima. E ciò che ne consegue sono una lunga serie di sensazioni
dominate da vertigini e forte battito cardiaco, frutto della
contraddizione di voler avere ciò che si desidera, pur sapendo che ci
stancherà un istante dopo averlo avuto.
Mi
inebrio di questa sensazione fortissima e lascio che si approfitti di
me e mi conquisti completamente, fino a decidere di prolungarne il
brivido. Per l’eternità.
La
prima volta mi è capitato con Alice. Non c’è stato niente che io abbia
fatto davvero premeditatamente. Ogni azione compiuta dopo averla avuta
è stata l’inevitabile conseguenza di quel vortice di brividi
adrenalinici. La pelle di Alice l’ho forse dissacrata, ma sicuramente
amata. L’ho toccata a lungo, dopo averle tolto il respiro (prima e dopo
l’atto). Al di là del suo collo arrossato, la sua pelle è rimasta
immacolata per ore, fino a che non mi sono davvero reso conto di averla
persa. Mi rendevo conto che non sarei più potuto tornare indietro. Non
avrei più ricevuto i suoi sguardi ipnotici su di me e la voglia di lei
non era stata totalmente appagata. Fu così che, per la prima volta, mi
balenò nella mente l’idea di trovare il modo di non perderla davvero.
Di non perderla più. Saziandomi di lei, nell’unica maniera possibile
che mi era rimasta.
Anche
Camilla ha avuto quello stesso effetto su di me. La sua pelle chiara e
le sue lunghe ciocche bionde apparivano così innocenti che la voglia
di dissacrarle era a malapena contenibile.
E’ stata lei a cercarmi. Più e più volte, fino a voler entrare nella tana del lupo.
Racconto 8 - La casa tra i girasoli
Racconto numero 8
La casa tra i girasoli
(L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)
La donna si alzò dal letto madida di sudore.
Dalle
persiane socchiuse filtrava la poca luce che preannunciava il sorgere
del sole. Erano quattro mesi che Carla si svegliava prima dell’alba
travolta dall’incubo che non riusciva a rimuovere dalla mente. Si passò
un fazzoletto di carta sul viso, si ravviò i capelli umidi e andò in
bagno. Lo specchio sopra il lavabo le restituì l’immagine di un viso
sfatto e logoro che mentiva sui quarantasei anni della sua età. Gli
occhi erano cerchiati e, come ogni mattina, segnati da un’angoscia
nascosta. Si buttò sotto la doccia e rimase per un tempo che le sembrò
eterno a godere del sollievo di quel getto d’acqua bollente come se il
vapore potesse dissolvere il terrore che si annidava in lei. Ma era
un’illusione. L’acqua scorreva e le faceva materializzare davanti agli
occhi socchiusi l’immagine di quello che restava del corpo di Giovanni.
Carla
chiuse l’acqua, prese l’accappatoio e si sedette sul bordo della
vasca. L’orologio del bagno segnava le sette e un quarto. Di lì a poco
sarebbero arrivati l’avvocato Garlandi e il maresciallo dei Carabinieri
per accompagnarla alla casa tra i girasoli di San Biagio.
Quella
piccola casa era stata il rifugio di campagna, quello dei fine
settimana con Giovanni, delle passeggiate mano nella mano, delle allegre
grigliate con gli amici. Era a pochi chilometri dal centro di Perugia,
dove abitavano, ma lontana anni luce dal traffico, dal vociare della
gente, dagli schiamazzi dei ragazzi all’uscita dalle discoteche.
I
rilievi in quello che restava della minuscola abitazione erano
terminati. La fuga di gas aveva distrutto i muri di pietra rosa e fatto
crollare il soffitto di legno e tegole disseminando a metri di distanza
i detriti e i brandelli del corpo di Giovanni.Racconto 7 - Sogno o realtà
Racconto numero 7
SOGNO O REALTA’
(L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)
Ho
chiuso tutte le finestre per cercare di tenere lontano questo forte
senso di oppressione che ho sul cuore, ma l’ho solo reso più vicino a
me, l’ho intrappolato nella ragnatela invisibile della mia anima, ma
come per uno scherzo del destino, io sono il ragno ed io sono la preda.
Ho colto due rose rosse dal mio giardino, che ora ho lasciato
abbandonato al triste destino dell’inverno, ora ci sono solo anime di
linfe vitali intrappolate in corpi morti che gridano urla sorde, che
nessuno ascolterà. Stringo tra le mani quei boccioli ormai secchi e
sbriciolo i petali che cadono come polvere ai miei piedi. Chiudo forte i
pugni per cercare di trattenere un alito di vita in
questo fiore, che in altri momenti mi ha fatto sorridere e scaldato il
cuore, che sussultava per un amore nato e cresciuto in un istante, che
si è reso potente e si è fatto largo con impertinenza e malizia nei miei
sentimenti impacciati e riservati. Ma ora il fiore è polvere, briciole
di quel sentimento che non posso raccogliere e rimettere insieme, non
posso annaffiarlo con le lacrime che cadono a dirotto come pioggia ,
ogni giorno,ogni momento; vorrei che i miei pensieri ti raggiungessero,
sospesi in volo sulle foglie spinte dal vento, ma le mie foglie sono
quelle caduche dell’autunno, che vedo qui in terra a marcire, dopo un
breve volo di morte. La luce dalla persiana chiusa non filtra più, è
giunta la sera, arriverà la notte e con lei la mia mente sfinita, i miei
occhi gonfi per il pianto, si riposeranno in un sonno profondo, che dà
il conforto e la speranza di riuscire a non pensare a te, mi lascio
cadere sul letto abbandonandomi a questo dolce e doloroso oblio... Ti
vedo! Agiti la mano, mi urli di raggiungerti, hai bisogno di me, la
spiaggia non è molto lontana, posso farcela! Mi tuffo nelle acque di un
mare limpido e cristallino, ma che improvvisamente diventa
agitato, scuro e ostile, le onde mi prendono e mi lanciano in avanti
per poi riprendermi e riportarmi sotto, fatico e con tutta me stessa
cerco di avanzare. Le braccia mi fanno male, l’acqua salata mi brucia la
gola e gli occhi, ma il fatto di vederti sulla riva mi da la forza di
andare avanti, annaspo, tossisco, ingoio l’acqua, ma resisto, arrivo in
ginocchio sulla sabbia, alzo la testa e ti vedo mentre allontanandoti
mi fai cenno di seguirti nel fitto di una rigogliosa vegetazione, gli
occhi mi fanno male e fatico a mettere a fuoco cosa mi circonda, ma è
tutto un tripudio di luci suoni e colori meravigliosi.
belle le storie
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