Recensione: LA SARTA DI DACHAU - MARY CHAMBERLAIN

Titolo: La sarta di Dachau
Autrice: Mary Chamberlain
Editore: Garzanti
Pagine: 320
Trama: Londra, 1939. Ada Vaughan non ha ancora compiuto diciotto anni quando capisce che basta un sogno per disegnare il proprio destino. E il suo è quello di diventare una sarta famosa, aprire una casa di moda, realizzare abiti per le donne più eleganti della sua città. Ha da poco cominciato a lavorare presso una sartoria in Dover Street, e la vita sembra sorriderle. Un viaggio imprevisto a Parigi le fa toccare con mano i confini del suo sogno: stoffe preziose, tagli raffinati, ricami dorati. Ma la guerra allunga la sua ombra senza pietà. Ada è intrappolata in Francia, senza la possibilità di ritornare a casa. Senza soldi, senza un rifugio, Ada non ha colpe, se non quella di trovarsi nel posto sbagliato. Ma i soldati nazisti non si fermano davanti a niente. Viene deportata nel campo di concentramento di Dachau. Lì, dove il freddo si insinua senza scampo fino in fondo alle ossa, circondata da occhi vuoti per la fame e la disperazione, Ada si aggrappa all’unica cosa che le rimane, il suo sogno. L’unica cosa che la tiene in vita. La sua abilità con ago e filo le permette di lavorare per la moglie del comandante del campo. Gli abiti prodotti da Ada nei lunghi anni di prigionia sono sempre più ricercati, nonostante le ristrettezze belliche. La sua fama travalica le mura di Dachau e arriva fino alle più alte gerarchie naziste. Le viene commissionato un abito che dovrà essere il più bello della sua carriera. Un vestito da sera nero, con una rosa rossa. Ma Ada non sa che quello che le sue mani stanno creando non è un abito qualsiasi. Sarà l’abito da sposa di Eva Braun, l’amante del Führer… La sarta di Dachau è un caso editoriale mondiale. Venduto in 26 paesi, ha conquistato il cuore dei librai e dei lettori inglesi. Una storia di orrore e di speranza, di vite spezzate e della capacità di sopravvivere grazie ai propri sogni. La storia di una donna che non si arrende e che continua a lottare anche quando tutto sembra perso.

Recensione a cura di Stefania Scarano:
A ridosso della giornata della memoria non potevo che leggere questo romanzo. La protagonista questa volta, però, non è una giovane ebrea ma una giovane inglese di religione cattolica, anche se non praticante.
Ada ha 18 anni, è londinese e fa la sarta per una boutique in centro. Il suo sogno è quello di aprire un proprio atelier a Parigi e così quando il sedicente conte Stanislaus, dopo una breve frequentazione, le propone di partire per la capitale francese, orchestra  per partire con lui mentendo a tutti.
Dopo pochi giorni a Parigi, scoppia la seconda guerra mondiale che era già nell’aria e così l’ingenua Ada si ritrova a rimboccarsi le maniche ed a lavorare per mantenersi assieme a Stanislaus che casualmente non ha più denaro o mezzi.
Anche a Parigi si instaura una certa routine, Stanislaus non è più il corteggiatore romantico dei primi tempi, a malapena sembra sopportare Ada eppure ella ne è ancora fermamente innamorata per cui lo segue fino in Belgio.
Lì, però, lui l’abbandona proprio alla vigilia dei bombardamenti e così Ada si ritrova presto prigioniera dei tedeschi finendo ad accudire anziani in un ospizio di Monaco.
Da qui Ada finisce a Dachau a fare la schiava nella casa di un comandante tedesco, allo stesso tempo fa la sarta per la signora e le sue amiche, da qui il titolo del romanzo. Rimarrà qui per anni, privata di cibo e sonno, sfruttata fino allo stremo fino alla liberazione da parte degli americani.
Si potrebbe pensare che qui finisca la storia e invece no, perché Ada ha delle questioni da risolvere prima di rientrare in patria, non vi dirò di più.
Riuscirà Ada a ritornare alla vita ed esaudire i suoi sogni? Lascio a voi scoprire il seguito del romanzo.

La storia non è divisa in capitoli, vi sono tre macro suddivisioni in base a luogo ed anno di inizio delle vicende, la prima è più lunga e finisce con la liberazione, le altre due sono ambientate a Londra  e riguardano delle fasi altrettanto importanti della vita di Ada.
Infine vi è una nota storica in cui si fanno precisazioni su luoghi, avvenimenti e personaggi citati, non si tratta di una storia vera in ogni caso.
A conclusione di tutto, poi, vi è una chiacchierata con l’autrice che ci rivela di aver attinto a sue due zie per il personaggio di Ada, l’omonima sognatrice libertina e la “santa” Violet. Il contesto storico ha poi fatto il resto nello sviluppo della storia.


Un libro duro, da far leggere soprattutto alle ragazze di oggi, perché gli “orchi” c’erano, ci sono e ci saranno e le giovani un po’ ingenue devono imparare a difendersi da questi personaggi, per quanto possibile.

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